La Borsa Del Fumetto

Jack Kirby: La mitica intervista italiana

Jack Kirby: La mitica intervista italiana

Il 28 agosto 2017 è stato celebrato il centenario della nascita di Jack “The King” Kirby, unanimemente considerato il “padre” del mondo supereroistico a fumetti.
Molte sono le iniziative che festeggiano l’avvenimento. Noi della Borsa vi proponiamo una vera e propria chicca: la rarissima intervista che il grande Jack mi ha rilasciato nel corso di Lucca 1976 pubblicata nel numero di WOW #7 del febbraio 1977 edito da Luigi F. Bona Editore.

Nel novembre 1976 nel corso della manifestazione a Lucca ebbi l’occasione di incontrare Jack Kirby, e nel dargli in omaggio una copia della nostra rivista “Wow”, gli chiesi un’intervista. Dell’incontro avvenuto poi nella hall del famoso Hotel Napoleon, presente l’inseparabile moglie, ricordo la cortesia, la simpatia dell’unitissima coppia e la bella conversazione, registrata in inglese e poi tradotta in italiano. Qualche anno dopo, agli esordi dell’era di internet, alla Fiera di Milano, passando davanti ad uno stand con un enorme computer che pubblicizzava la possibilità di connettersi, Luigi Bona , direttore di Wow (e dell’omonimo “Museo del Fumetto” a Milano) mi decantava le potenzialità del nuovo mezzo “Scommetto che ci sei persino tu!”, e digitando Nessim Vaturi scoprimmo che l’intervista era stata ritradotta in Inglese. Mi ricordo che mi aveva sorpreso non poco che il “Jack King Kirby” il RE del fumetto considerasse di secondaria importanza il suo ruolo di disegnatore mettendo al primo posto la voglia di raccontare storie nella speranza di provocare le reazioni che gli suscitavano i racconti della madre quando era un bambino, quindi in fin dei conti di trasmettere sensazioni.

Una bellissima esperienza che ricordo con piacere e con un piccolo rimpianto: nel accomiatarsi i Kirby mi invitarono: “Vieni a trovarci”. La considerai una gentilezza, salvo scoprire invece anni dopo che niente dava più piacere alla coppia che ricevere visite.

Nessim Vaturi (NV): Mi hai detto di aver lavorato per una rivista chiamata WOW, agli inzi della tua carriera.
Jack Kirby (JK): Si, quella era la prima rivista per cui ho lavorato. Era pubblicata da Jerry Siegel e Will Eisner. Erano i miei principali, al tempo, e quelli erano i primi anni dei comics e Wow – what a magazine (“che rivista”) , era una delle prime riviste di comics. Molti degli artisti che lavoravano in essa andarono avanti a creare le loro “great features” come si sarebbe visto; la gente identifica il periodo come l’epoca d’oro dei comics, gli anni ’40.
NV: Ti ricordi di qualcuno?
JK: Si, di tutta la gente che c’era dentro. C’era Eddie Haron che ha creato Captain Marvel, Jerry Siegel e Joe Shuster che lavoravano per la DC dall’inizio, sono venuti sulla scena quando tutto era stato appena creato e tutti gli altri correvano da una compagnia all’altra. Quando Jerry Siegel e Joe Shuster arrivarono, trovarono la loro collocazione alla DC e rimasero li. Io ero un pazzerellone.. Se mi offrivano di più in un altra compagnia, ci andavo, e così ho saltellato come una mosca: forse questo è stato anche abbastanza positivo, perchè ho potuto lavorare in varie organizzazioni, conoscenze diverse.
NV: E dopo aver lavorato per WOW dove sei andato?
JK: Ho lavorato su Jumbo ho fatto un “part feature”, uno dei primi progetti di stregoneria chiamato “Il diario del Dr. Heyward” e ho ancora il libro, mia madre
l’ha conservato. Ma non sono un collezionista, un hobbysta o un amatore. Io sono uno di quelli che, puoi chiamarmi un “doer”, fa le cose, e poi le lascio andare..
Ma sai le madri sono orgogliose e penso che se anche tu facessi qualcosa di simile, tua madre ti metterebbe via le tue robe, sai le madri sono così.
Ma sai nel mio vicinato non sapevano neanche cosa fosse un’artista, dovevi essere un meccanico di automobili per essere qualcuno e allora quando sono diventato un’artista la gente non poteva capirmi e pensava che fossi coinvolto in qualcosa di losco.
NV: E dopo Jumbo, che cosa hai fatto?
JK: Dopo Jumbo ho cominciato a gravitare verso riviste più sicure e stabili che stavano venendo fuori, riviste tipo Atlas Comics l’antenata dell’attuale Marvel, e poi ho fatto naturalmente qualcosa per la DC, e poi qualcosa per un uomo chiamato Victor Fox. Victor Fox, il suo nome può essere saltato fuori se hai intervistato qualche disegnatore della mia età che ha lavorato nei primi anni dei comics. Era un editore, e pubblicava Weird Comics e aveva in genere riviste di un nome come Weird Comics, Pow Comics oppure Hit Comics e c’erano editori come Busy Arnold che mettevano fuori le loro edizioni… molte di quelle case editrici di quei gruppi oggi sono scomparsi, le due grandi organizzazioni rimangono Marvel e DC.
NV: Tu hai una grande esperienza di lavoro, Come si fanno i fumetti in America? Sappiamo che si usa il sistema dello “staff-work” cioè il lavoro di gruppo.
JK: Ciò che hanno fatto è stato di organizzare il metodo di lavoro, cioè il lavoro può essere ripartito tra varie persone: puoi avere chi fa il lettering, chi inchiostra, poi c’è il colorista che fa le indicazioni per lo stampatore e poi naturalmente il matitista che è l’artista. Se l’artista fosse tenuto a fare tutte queste cose non riuscirebbe mai a completare tutto il lavoro, quindi queste mansioni sono delegate ad altre persone.
NV: E’ chiaro che anche l’inchiostratore è importante…
JK: Si, si certo, un buon inchiostratore con un bello stile ed un segno pulito fa apparire il lavoro dell’artista molto buono, ma chiaramente l’elemento principale è il matitista. Il matitista è quello che racconta la storia, la visualizza. Non esiste un altro mezzo per raccontare, nei comics. Non è un mezzo dello scrittore, nè del letterista è semplicemente… l’artista racconta la storia come ho detto. Lo scrittore potrebbe scrivere con tutto il cuore, ed essere uno dei più grandi scrittori del mondo, ma se trova l’artista sbagliato a fargli la storia muore: cioè quello che decide è l’artista…
Prendi per esempio la vostra stessa rivista WOW, la prima cosa che vedi è il disegno, è quello ti dice cos’è il prodotto. Prendi la rivista LIFE ma quello che vedeva la rivista erano le fotografie, i fotografi migliori vendevano la rivista, le fotografie più sensazionali… era quel tipo di prodotto.
NV: Come hai cominciato a fare fumetti?
JK: Ho cominciato come animatore nello studio di Max Fleischer, non proprio un animatore, ero li in mezzo alla lavorazione, dico animatore perchè da un pò l’idea del lavoro di cui mi occupavo, ma forse non proprio animatore perchè un’animatore sarebbe quello che dirige l’intera operazione, mentre io che avevo solo 17-18 anni controllavo solo il mio tavolo luminoso in modo da potersi girare e vedere passo passo il procedere del lavoro. Questo lo feci per un pò, poi quando lo studio decise di trasferirsi verso Miami io rimasi a New York e feci altre cose, lavoravo per un piccolo sindacato di giornali che provvigionava 700 quotidiani, ho fatto degli “sport cartoons” degli “editorial cartoons” dei “comic books”. Questa esperienza , penso, mi ha dato ciò di cui avevo bisogno, un punto di partenza per raccontare l’intera storia a fumetti, cosa che feci più tardi nelle riviste di comics.
NV: C’è una ragione speciale per cui hai scelto i fumetti?
JK: Non lo so. Penso che nessuno di noi sappia con esattezza per quale motivo è attratto verso certe cose, so che mi piaceva moltissimo raccontare storie, almeno a mia madre piaceva molto, lei era una bravissima “story-teller” lei proveniva dalla “Frankenstein country” e allora lei conosceva tutte queste storie di orrore, mi si rizzavano i capelli ad ascoltare queste storie, e questo può essere stato determinante…
Mi piaceva tanto fare quel tipo di cose, perchè si ha una risposta dalla gente, credo che mia madre volesse una risposta da me, in altre parole, se tua madre
volesse attirare la tua attenzione per fare qualcosa, ti darebbe una voce o uno scappellotto o ti potrebbe anche raccontare una storia come faceva la mia.
NV: Forse è il modo migliore.
JK: Penso anch’io.
NV: Hai fatto delle storie tutte tue, cioè testi e disegni? Oppure..
JK: Si, si lo faccio sempre e l’ho fatto sempre.
NV: Quindi non c’è nessuno che ti scrive il soggetto
JK: No mai.
NV: Cosa ne pensi dei fumetti italiani?
JK: Tutti i fumetti europei hanno un sapore che i nostri non hanno. Gli americani sono gente abbastanza semplicistica, per arrivare a un punto
ci arrivano abbastanza velocemente… gli europei invece hanno piacere a soffermarsi un pò più con la vita. Gli piace guardare la vita nei suoi vari aspetti e la guardano… Penso siano più dei perfezionisti di noi. Ho notato che molti disegnatori europei sono migliori di me, cioè sono artisti migliori, però non so se sono capaci di raccontare una storia meglio di me.
NV: Forse il punto è che tu sai molto bene come attirare l’attenzione e fermare l’attenzione della gente.
JK: Si, perchè questo è il mio lavoro. Il mio non è essere un bravo artista, no non è questione di bravo artista… no, dico che il lavoro d’arte è importante ma
non è tutto. Voglio dire che il mio lavoro sta nel “vendere” i comics.
NV: Beh, lo fai molto bene..
JK: Si, è una cosa molto semplice; molte volte potrei disegnare un uomo senza le unghie, non me ne frega niente di metterci le unghie se nonostante ciò il lettore starà attento a quello che sto dicendo. Perchè le unghie non sono il punto della storia, è il disegno che li porta verso il punto, questo importa, puè essere un naso, può essere un piede, può essere qualsiasi cosa.
NV: Ci sono artisti europei o italiani che apprezzi in modo particolare?
JK: Guardo verso gli artisti europei, come verso quelli americani, penso come ho già detto, che fanno un ottimo lavoro, quasi tutti. Il fatto è che non parlo molto bene le lingue europee per poter seguire la storia e quindi non posso dare un giudizio, ma parlando solo dal punti di vista artistico sono bravissimi.
NV: Hai mai preso dei “maestri” come modelli, qualche disegnatore…
JK: Si, ce n’erano tre, cioè naturalmente i tre grandi, Milton Caniff, Hal Foster e Alex Raymond. Tutti guardano a loro come ai maestri. Non erano delle scuole d’arte, cioè delle scuole dove potevi andare ad imparare come fare i fumetti, ogni uomo era una scuola per il prossimo, può darsi che fosse come ai vecchi tempi qui in Italia quando la gente, come ad esempio Michelangelo o Leonardo Da Vinci che avevano degli assistenti o degli apprendisti, e la gente che li seguì molto probabilmente erano dei bravi artisti e fecero dei bei lavori: loro erano la scuola per gli artisti successivi e chiaramente la loro influenza c’era, nel lavoro degli artisti che vennero dopo. E troverai degli elementi di Milton Caniff nel mio lavoro, e lo stesso per Alex Raymond, perchè mi piaceva molto quello che faceva con la figura umana, come riusciva a piegarla così armonicamente. Perciò l’ho seguito, come tutti, ma ho creato anche il mio stile personale.
NV: E adesso tu sarai un modello da seguire per quelli che verranno.
JK: Si, esattamente. Può darsi che ci sia qualcosa nel mio stile che andrà bene ad altri artisti, per cui automaticamente diverrò la loro scuola. Non c’è bisogno di pagare tanti soldi per una scuola, tutto quello che si deve fare è prendere un comic book e provare ad analizzare gli essenziali metodi di disegno che uso.
NV: Una domanda tecnica. Ci sono almeno due tecniche di disegno, cioè “Strips” che raccontano una storia, oppure la composizione di una tavola che va forse anche al di fuori da…
JK: Si, si può fare, cioè intendi dire dei balloons che vanno fuori dal pannello normale oppure..Ho fatto anche esperimenti con quello che si chiama il formato.
Naturalmente ho pensato che i comics devono essere fatti abbastanza larghi per cui ho cominciato a fare delle doppie “Spreads” cioè due pagine invece di una singola; ho un disegno largo, e la penso così ancora oggi, penso che un comic book dovrebbe essere alto due metri, così l’artista potrebbe sbizzarrirsi nel disegnarlo e fare una “impressive picture”. Sarebbe il genere di comic book che avrebbe un grosso impatto sul pubblico. Il vantaggio dei pittori classici era che loro avevano dei pannelli grandissimi a disposizione, potevano lavorare su una tela gigantesca e di conseguenza potevano fare dei quadri che  impressionavano la gente molto più di quello che possiamo noi. Chi, guardando un piccolo pannello, diciamo 4×5 potrebbe rimanere impressionato come se si trovasse in una galleria d’arte?
NV: Una domanda abbastanza usuale: qual’è il tuo personaggio preferito?
JK: Forse anche la mia risposta può sembrare una risposta standard, ma io credo che se dicessi un personaggio sopra gli altri denigrerei tutti gli altri e quindi anche un pò me stesso, una parte di me, perciò quando vedi uno qualsiasi dei miei personaggi sappi che io ho messo molto impegno in ciascuno, perchè li sento come se fossero “people”, gente. Se facessi un tuo ritratto e lo trascurassi sentirei che gli manca qualcosa per cui non potrei farlo meno dimensionale di te, dovrei potervi parlare , anche a lui, come a persone.
NV: Questo è il momento delle trasposizioni dei personaggi dei comics in film. La ritieni una cosa valida?
JK: Si, assolutamente, senz’altro perchè è una cosa molto drammatica e io penso che l’uomo che farà la prossima mitologia andrà ad attingere tra i comics, perchè questa è l’origine di tutti i nostri personaggi, Tarzan è un personaggio mitologico, come Sansone o Thor o Ercole sono tutti “Supereroi”
NV: Pensi che queste trasposizioni siano migliori se realizzate con cartoni animati o con attori veri?
JK: Beh gli attori vivi gli darebbero quella dimensione in più, sarebbero molto più potenti dei disegni. Se dovessi vestire un uomo in tuta da supereroe avrei due volte l’impatto del disegno se lui fosse l’uomo giusto.
NV: Vuoi dire qualcosa in particolare ai lettori di WOW?
JK: Ma, gli direi che non possono smettere di leggere dei fumetti, e anche se ci provassero non ci riuscirebbero perchè non potrebbero smettere di leggere comics più di quanto potrebbero smettere di vedere dei films o di guardare la televisione, perchè questa è un’epoca di immagini, un tempo in cui noi abbiamo la percezione del mondo attraverso le immagini; se la televisione è rotta, si va a prendere un comic o si va al cinema, perchè noi adesso stiamo sempre comunicando, tutti comunichiamo con le immagini. Io spero che andando avanti i comics diranno sempre delle storie più belle e e più grandi per far divertire la gente, perchè in fondo tutta la nostra esistenza è centrata sullo spendere tempo insieme qui sulla terra, penso che il motivo per cui ci sono i fumetti sia questo, e che la ragione per cui i comics o qualsiasi altro “media” esistono sia per poterci divertire senza picchiarci l’uno con l’altro sulla testa con delle clave.

Mentre “il grande Jack” tracciava il disegno che poi è la copertina di numero di WOW da cui è tratta l’intervista, in segno di saluto per tutti i fan italiani, abbiamo strappato al disegnatore qualche altro commento…
Disegna Capitan America con i pugni molto chiusi, molti gli rinfacciano di fare i pugni troppo quadrati, lui dice che dipende dal fatto che è basso… un uomo grande magari disegnerebbe un personaggio più aperto invece lui lo fa più compatto e muscolare, lui lo vede così nella sua prospettiva. Riguardo alle donne, dice che le sue sono grandi, grosse, enormi, diciamo perchè lui ha sempre vissuto insieme a delle donne grandi tutte le donne della sua famiglia sono donne belle grandi…sta facendo adesso una spagnola in Capitan America, un personaggio grande e quindi va disegnato grande.
Ma ora il suo programma più immediato è di accompagnare la Signora Kirby a Firenze, per visitare la città.
Ci lasciamo con la promessa di andarlo a trovare in America.

L’intervista integrale la potete trovare nel numero 7 di WOW prima serie, disponibile come molti altri sul nostro sito; potete acquistarlo cliccando qui.
Può essere l’occasione per riscoprire questa rivista che ha presentato nel corso degli anni una serie di articoli, recensioni e quant’altro ancora oggi di assoluto interesse e qualità.